La fede una droga?
UNA RESA A CRISTO, MA NELLA LIBERTÀ
di Romeo Cavedo – biblista

Credere è, secondo la Bibbia, accettare di essere uomini soltanto con Dio, per Dio, in completa dipendenza da lui. Ma questa libera scelta spalanca all’uomo infinite nuove possibilità di vita.
Nulla è più umano della fede, eppure la fede non comincia dall’uomo ma da Dio: è la risposta dell’uomo a una proposta di salvezza che Dio gli rivolge. Lo dice chiaramente san Paolo: “come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che l’annunzi?” (Rm 11,14). All’origine della fede sta, dunque, una parola, un annuncio che riguarda Dio e il suo progetto nei confronti degli uomini. L’annuncio viene fatto da uomini che, per primi, vi hanno creduto e propongono ad altri di fare come loro, aggregandosi ad una comunità di uomini credenti. A questo punto sorge in noi una serie di domande: qual è il contenuto di questo annuncio? che cosa garantisce che esso contiene veramente una proposta di Dio e non un’invenzione umana? accettare questo annuncio rimane una scelta facoltativa o diventa necessario accoglierlo come vero?

LA PRIMA DOMANDA trova risposta in tutta la ricchezza della tradizione biblica. È la Bibbia che ci parla di Dio e di quel che egli ha fatto per gli uomini. L’Antico Testamento contiene una serie lunga e complessa di testimonianze e di riflessioni sulle opere di Dio a favore degli uomini. Ma, in Cristo, si scopre che tutto era preordinato a preparare la sua venuta e la comprensione della sua opera: è dunque Cristo il contenuto essenziale e riassuntivo dell’annuncio e, in particolare, l’evento che sintetizza, a sua volta, tutto il senso della sua missione: la sua morte e risurrezione. Per questo san Paolo può dire: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti sarai salvo” (Rm 11, 9).
La sostanza dell’annuncio sta in questo: Dio ha approvato ed esaltato Gesù come “Signore” e, così facendo, ha fatto della sua vita, della sua dottrina e dei suoi comportamenti il criterio unico
e definitivo per valutare tutta la storia. Se Cristo è stato innalzato da Dio al massimo della gloria divina significa ché chi lo segue è nella vita e chi lo rifiuta è nella morte. Il nucleo dell’annuncio è tutto qui. Esso contiene, quindi, una specie di sfida all’uomo: lo invita a scegliere tra l’accettazione e il rifiuto di questo valore assoluto di Gesù e del suo concreto modo di vivere. La proposta di salvezza è una sola, anche se può e deve essere vissuta con originalità nelle diverse situazioni storiche dei singoli e dei gruppi.

CREDERE significa lasciarsi conquistare dal primato della via di Cristo rispetto ad ogni altra possibilità di concepire il compito dell’uomo nel mondo e nella storia. Ma, a questo punto, si affaccia la seconda domanda: che cosa garantisce che questa via è veramente divina e veramente salvifica?
La domanda è resa più urgente dal fatto che seguire Cristo, come guida assoluta, significa sconvolgere tutte le scale umane di priorità: mettere il servizio al posto del potere, la dedizione al posto della conquista, l’umiltà al posto della difesa di sé, la croce al posto di ogni altra scelta. Ebbene, secondo la Bibbia, bisogna avere il coraggio di riconoscere che l’accettazione dei contenuti della fede non ha altra garanzia o prova che non sia Dio stesso. Nessuna verifica umana può bastare a sostenere la fede, anche se molti indizi positivi possono avvalorare e rendere ragionevole la scelta di fede: ragionevole ma non mai adeguatamente ed esaurientemente fondata.
L’ultimo decisivo supporto per la fede sta nascosto nella forza di convinzione che misteriosamente Dio stesso annette alla parola della predicazione e nell’interiore spinta a credere che lo Spirito Santo pone nell’animo dell’uomo. Per cui, alla fine, chi crede si arrende a Dio, rinuncia alle proprie limitate sicurezze e si affida totalmente a Dio solo e alla potenza dell’annuncio. Come dice ancora san Paolo: “nessuno può dire: Gesù è Signore, se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12,3).
Questa resa totale a Dio che si chiama fede è libera, anzi è il massimo di libertà che l’uomo può compiere perché non riguarda solo una singola scelta parziale ma mette in gioco l’intera esistenza. Con la fede l’uomo dispone definitivamente di tutto se stesso e si consegna a Dio come sua guida totale, si affida alla sua paternità con filiale abbandono.

LA FEDE è un atto di libertà ma - per riprendere la terza domanda che ci eravamo posti - non è un atto facoltativo, tale cioè che si possa porre o non porre senza modificare sostanzialmente la situazione. La fede non è una decisione tra le tante che si possa affiancare come possibile alternativa o come un diversivo ad altre scelte. È una decisione totale, non un semplice correttivo che si aggiunge come un di più ad un precedente modello di vita. Paolo paragona l’accesso alla fede ad un passaggio dalla morte alla vita, analogo a quello che è avvenuto nella morte e risurrezione di Cristo, lo considera un rifacimento totale dell’ uomo, una specie di nuova creazione.
È difficile per l’uomo capire fino in fondo la necessità e la radicalità di questa scelta di fede. Riesce a vederne la necessità solo chi si è reso conto che la condizione umana è altrimenti irrimediabile e che vi è assoluto bisogno di ancorarsi in Dio per essere poi liberati dalla cattiveria che inquina e corrompe ogni momento della esistenza umana. Nella terminologia biblica tutto questo si chiama peccato. La parola “peccato” indica per Paolo l’impossibilità per l’uomo di liberarsi dal male con le sue forze e, soprattutto, indica la pretesa illusoria di poter fare a meno del perdono di Dio e della sua guida paterna nella vita. Il peccato è il contrario della fede: è il voler decidere da soli invece di accettare la proposta sconvolgente di Dio. Perfino uomini religiosi, come gli Ebrei, potevano coltivare in sé, secondo Paolo, questo peccato, in quanto ritenevano di non aver bisogno di riaffidarsi totalmente alla guida di Dio, in quanto, cioè, consideravano il dono di Dio una componente utile della loro crescita umana, non la fonte indispensabile e totale di ogni salvezza.
Credere vuol dire, allora, accettare di essere uomini soltanto con Dio, per Dio e da Dio, in completa e assoluta dipendenza da lui accettando di prendere come unico criterio di scelta nella vita la sequela, come discepoli, di Gesù che s’incammina per amore verso la croce. Da questa scelta può nascere un modo nuovo di essere uomini, nella semplicità e nella concretezza della vita quotidiana e una nuova forza di libertà capace di inventare una nuova creazione, nella quale tutte le potenzialità umane possono essere risanate e orientate verso la vita. Ma, senza la fede, tutto cade inevitabilmente nella morte.