MARIA

 

UN MODELLO DA BRIVIDI

 

Romeo Cavedo - biblista

 

 

 

 

 

Maria è sempre e soltanto il primo e inarrivabile frutto della grazia di Dio in Cristo e, per questo, il primo germoglio e la pienezza della chiesa chiamata a modellarsi su di lei.

 

 

 

 

 

I passi del Nuovo Testamento che trattano di Maria non sono molti. Di lei si parla soltanto all’inizio e alla fine della vita di Gesù, se si eccettua l’episodio giovanneo delle nozze di Cana che è, del resto, inaugurale del suo ministero.

 

In verità la madre di Gesù è nominata anche nel celebre episodio di Marco (4,31-35) e nei passi paralleli di Matteo e di Luca. Ma è proprio per dire che Gesù non intende distogliere l’attenzione dai discepoli e dalle folle più bisognose per dare udienza ai suoi parenti. Anche Maria sembra quasi rispettosamente invitata a non distrarre Gesù dalla sua missione! Analogamente quando, in Luca, si racconta che una donna proclama beata la madre di Gesù che lo ha generato e allattato, egli applica questa benedizione a tutti quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 11, 27-28). Maria è certamente la prima di questi, ma Gesù vuole additarla come esempio della vera comunità e non di isolarla dagli altri in una singolare beatitudine. Proprio questi episodi ci danno la chiave per comprendere come dev’essere interpretato il ruolo di Maria secondo il pensiero di Gesù: Maria è il prototipo, l’esempio, il modello di quel che tutta la chiesa è chiamata ad essere.

 

 

 

Agli inizi della vita di Gesù, Maria è, invece, protagonista, soprattutto nella narrazione di Luca. In questi misteri, dall’annunciazione al natale, Maria appare come il punto nel quale l’attesa dell’antico Israele giunge con pienezza a compimento. Mentre nel sacerdote Zaccaria la fede non è assente ma oscura e titubante, e mentre, secondo Matteo, a Gerusalemme autorità e sacerdoti hanno quasi dimenticato l’attesa del messia, Maria accoglie con fede piena l’annuncio di Dio. In lei è presente l’Israele vero, servo del piano di Dio, in fiduciosa attesa della salvezza. Maria realizza la figura ideale di Gerusalemme, sposa di Dio, e incarna l’antica funzione della madre del re messia, è il luogo dove la presenza di Dio può manifestarsi come anticamente nell’arca dell’alleanza. Tutte queste allusioni sono rintracciabili nel dotto linguaggio con cui Luca ha costruito il racconto dell’annunciazione.

 

 

 

Maria e, quindi, non solamente il simbolo di tutto Israele, ma anche colei che concentra realmente nella sua persona i valori e la vocazione dell’antico popolo di Dio.

 

 

 

MADRE DEL NUOVO POPOLO

 

Quando riappare, alla fine della storia di Gesù, Maria passa a significare la chiesa, nuovo popolo di Dio. Secondo gli Atti (1,14) è presente là dove nasce la chiesa e, secondo Giovanni, riceve sotto la croce come figlio quel discepolo amato da Gesù, che è simbolo della chiesa vera. Diviene così la donna segno e madre del nuovo popolo dei discepoli di Gesù, nutriti del suo Spirito. II vino, simbolo della rivelazione e della comunione con Dio, che essa aveva chiesto e ottenuto nel segno a Cana, viene ora abbondantemente donato al popolo nuovo che abita, come il discepolo che Gesù amava, nella stessa casa con Maria. Maria può accogliere con sé il discepolo, che è ormai una sola cosa con Cristo. La chiesa dei discepoli accoglie nella sua casa Maria come la madre di quel Cristo che ora vive in tutti. In questo misterioso intreccio di riconoscimenti e di relazioni, l’evangelista Giovanni ci invita a scorgere il nesso profondo che si instaura tra la madre di Gesù e la chiesa di Gesù. Il vero Israele, che si era concentrato in Maria, è ora la chiesa, la quale, perciò, accoglie in sé Maria come sintesi di quel che essa è per grazia di Cristo. A sua volta, Maria può vedere nella chiesa la pienezza di se stessa così come la chiesa vede in Maria la sua migliore immagine.

 

 

 

TUTTA PER CRISTO

 

Il nesso indissolubile tra chiesa e Maria è il fondamento della concezione di Maria come modello ed esempio della vocazione a cui la chiesa è chiamata ad essere fedele. Maria non è soltanto un esempio alla maniera con cui lo possono essere altri grandi santi per la pratica eccezionale di questa o di quella virtù. Maria è modello dell’essenza stessa dell’essere cristiano, cioè della fede. Essa è l’accoglienza e la sottomissione a Cristo fatta persona. Essa esiste solo per dare realtà e spazio a Cristo, come anche la chiesa è chiamata a fare. È, per essenza, la serva, povera, in obbediente ascolto di Dio che parla, in attesa di Dio che agisce. È spazio aperto a Dio, un grembo materno perché Dio nasca tra noi, come la chiesa madre, che esiste affinché il Risorto diventi signore di ogni creatura e di tutto l’universo. È solo di Cristo e di null’altro: vergine, come la chiesa nel suo sforzo di fedeltà al suo Signore.

 

 

 

«Di Maria non si dirà mai abbastanza»: è un vecchio slogan dei predicatori. Abusandone si fa un cattivo servizio a Maria. Non basta lodarla o esaltarla in qualunque modo. Quando si fa così si rischia di sovrapporre su di lei l’ideale o di donna o di madre o di amore che è dominante in una certa società o in un certo momento storico. Maria diventa allora un pretesto per scaricare su una sua figura deformata le nostre aspirazioni e le nostre frustrazioni.

 

Allora Maria non è più imitata, ma rifatta a nostra imitazione. Ciò può anche funzionare come terapia umana di difficoltà esistenziali, ma allora non è più della figura di Maria creata da Dio che si parla, ma di una nostra ricostruzione.

 

Invece non dobbiamo dire noi chi è Maria, ma ascoltare quello che la parola di Dio ci ha detto di lei.

 

Non dobbiamo mai separare Maria dai due poli ai quali è congiunta nella Bibbia: Cristo e la Chiesa.

 

 

 

Maria è sempre e soltanto il primo e inarrivabile frutto della grazia di Dio in Cristo e, per questo, il primo germoglio e la pienezza della chiesa chiamata a modellarsi su di lei.