OGNI BATTESIMO

INCLUDE UNA MISSIONE

Battesimo dei Signore

[Isaia 42,1-4 .6-7 Atti 10,34-38 Luca 3,15-16.21-22]

 

Il racconto del battesimo di Gesù (Lc 3,21-22) è costituito da un fatto (Gesù che insieme al popolo va a farsi battezzare dal Battista) e da una teofania, che svela il significato profondo del fatto.

 

Il fatto: Gesù solidale con il suo popolo.

All’interno dell’esperienza di Gesù di Nazaret (la sostanziale storicità dell’episodio la diamo per scontata), il battesimo al Giordano appare come un momento “forte”, in cui l’uomo-Gesù prende particolarmente coscienza della sua chiamata. Non nasce in lui una personalità nuova, ma piuttosto viene alla luce ciò che egli è da sempre. Il gesto di Gesù che si sottomette - assieme a tutto il popolo (Luca lo nota con compiacenza) - al battesimo di Giovanni “in remissione dei peccati” è, anzitutto, un atteggiamento di solidarietà: una profonda solidarietà di Gesù con il suo popolo peccatore. Egli non. si pone al di fuori della storia del suo popolo, ma si inserisce in essa, profondamente solidale con il momento di conversione che il popolo sta vivendo. È questa logica di solidarietà che costituisce la novità del messianismo di Gesù: egli non si sottopone al battesimo per i propri peccati, ma per i peccati del suo popolo. Non prende le distanze dagli uomini peccatori, ma prende sulle sue spalle i loro peccati. Questa logica di solidarietà e sostituzione guida tutta la vita di Gesù e raggiunge il suo culmine sulla Croce. Nel battesimo al Giordano troviamo il germe dell’intera vita di Gesù, come nel nostro battesimo c’è il germe di tutta la nostra esistenza cristiana.

 

La teofania: dono dello Spirito, filiazione divina e missione.

La teofania (i cieli che si aprono, lo Spirito che discende, le parole della voce celeste) richiama alla memoria il racconto delle vocazioni profetiche, per esempio la vocazione di Isaia, Geremia ed Ezechiele. Ma pur richiamandosi al genere delle vocazioni profetiche, il racconto evangelico è molto diverso. I profeti si esprimono come se la forza dello Spirito di Dio, venuta dall’esterno, si impossessi di loro e trasformi la loro personalità. Nulla di questo al battesimo di Gesù. La teofania, semplicemente, svela ciò che Gesù è già.

 

È ancora più facile accostare il racconto del battesimo al genere delle Apocalissi, ma anche in questo accostamento occorre mostrare tutta l’originalità del nostro episodio. Nei racconti apocalittici l’uomo è ammesso, come spettatore, a vedere il disegno di Dio che si svolge, a vedere il mistero della storia di salvezza. Anche nel nostro racconto si aprono i cieli e Gesù “vede”, ma la visione ha per oggetto lui stesso e la sua missione: è in lui che si realizza il disegno di salvezza.

 

È sempre utile, se si vuole comprendere a fondo un passo evangelico, ricreare il sottofondo antico-testamentario in cui si muove. il sottofondo antico-testamentario del nostro passo è molto ricco e complesso. Per quanto riguarda la venuta dello Spirito si impone la lettura di Isaia 11,1-5; 42,1; 61,1-2. Lo Spirito di Dio che si poserà sul Messia si presenta in tutti e tre i testi citati come uno Spirito di giustizia, soprattutto in direzione degli infelici. L’immagine della colomba non è di facile comprensione: applicata allo Spirito di Dio non si trova in nessun altro luogo della Bibbia. Alcuni testi rabbinici, però, descrivono lo Spirito che aleggia sul caos primitivo (Genesi 1,2) sotto forma di colomba. E, quindi, probabile che l’immagine evangelica alluda allo Spirito creatore. La venuta dello Spirito segna una ricreazione, una nuova nascita. Per quanto riguarda le parole della voce dobbiamo dire che esse sembrano fondere insieme tre passi antico-testamentari: anzitutto, certissimo, Isaia 42,1-2 (ripreso anche dalla prima lettura della Messa); poi il Salmo 2,7, un salmo regale di intronizzazione; infine, Genesi 22,2.12-16 (il racconto del sacrificio di Isacco) in cui, a tre riprese, la voce di Dio dice “Figlio diletto”. Questi molteplici riferimenti convergono nel dire che Gesù è “Figlio” e che gli è affidata una missione da compiere.

 

Alla luce delle due prime letture.

Il riferimento a Is 42,1-7 (riferimento implicito nello stesso testo evangelico e reso esplicito dalla liturgia che ce lo propone come prima lettura), sottolinea molto bene che il battesimo include una missione. Una missione da svolgersi nella fermezza (proclamerà il diritto con fermezza) e, insieme, nella dolcezza e nel dialogo: Non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta-. Una missione che non percorre le vie della potenza e del frastuono, ma dell’umiltà: Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce. Un: missione che dà speranza e salvezza gli infelici: Perché tu apra gli occhi a ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri. Una missione, infine, universale i suoi confini sono “la terrà”, “le nazioni”, “le isole lontane”.

 

Nella seconda lettura della Messa (Atti 10, 34-38) l’allusione al battesimo sta nel versetto 38: Dio lo unse di Spirito Santo e di potenza. Tutti gli esegeti scorgono nel versetto 38 un’allusione a Isaia 61,1: Lo Spirito de Signore è sopra di me, perché Jahvé mi ha unto; mi ha inviato ad annunciare buona novella ai poveri, a fasciare: piaghe dei cuori contriti. Viene dunque ribadita l’idea che il battesimo è radice di una missione particolarmente rivolta agli infelici. C’è un’altra affermazione importante nel discorso di Pietro: “Dio non fa preferenze di persona. così riaffermata l’universalità.

 

Le sottolineature di Luca.

Il racconto del battesimo in Luca propone come Marco e Matteo, tre temi: il dono dello Spirito, la filiazione divina e missione. Sono i tre grandi contenuti del battesimo di Gesù e del battesimo cristiano. Ma se confrontiamo con attezione il racconto di Luca con i paralleli di Marco e Matteo, ci accorgiamo che egli non è tanto interessato al racconto del battesimo in sé (l’episodio è ridotto, infatti, a una semplice premessa: un genitivo assoluto), ma al particolare della preghiera e del dono dello Spirito. Preghiera e dono dello Spirito sono due temi che Luca predilige e che pone in connessione. Egli è convinto  che la preghiera cristiana consista  essenzialmente nel domandare a Dio il dono dello Spirito: tale è la conclusione della catechesi sulla preghiera che troviamo in Luca 11, 1-13 (Se dunque voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, tanto più il Padre celeste darà o Spirito Santo a coloro che glielo chiedono). La connessione tra preghiera e Spirito ritorna anche in Atti 4,31 e, ancor prima, nello stesso racconto della Pentecoste.