JAY E LAUREN,

i sognatori che giravano il mondo in bicicletta

Uccisi dall’Isis

 

La coppia di americani, 29 anni, aveva lasciato il lavoro e girava il mondo pedalando da un anno: «La gente è meravigliosa». Uccisi in Tagikistan da un attacco terroristico

«I media ti raccontano che il mondo è un posto grande e spaventoso, pieno di gente cattiva di cui non fidarsi. Io non me la bevo». Fradicio, stremato e sporco di fango, Jay Austin, 29enne di Washington, ad aprile scriveva da un salotto in Marocco quel che aveva realizzato sull’umanità: «Per la maggior parte, gli esseri umani sono gentili. A volte egoisti, altre volte miopi, ma gentili. Generosi e meravigliosi».

 

In quel momento, ospite di una generosa famiglia di sconosciuti, Jay era felice di come sono fatti gli uomini. Ne aveva incontrati molti, di ogni colore, etnia e religione, nel giro del mondo in mountain bike cominciato a luglio 2017 insieme alla fidanzata Lauren Geoghegan, e finito per entrambi una settimana fa in Tagikistan, al giorno 369, sotto le ruote di un’auto lanciata contro di loro da un gruppo di terroristi dell’Isis, scesi per finire «i miscredenti» a coltellate e a colpi di fucile.

 

Come spesso sono i viaggiatori, Jay era un infaticabile ottimista. «Il male è un concetto inventato - raccontava nel blog in cui descriveva tappe, incontri ed emozioni di quell’esperienza - per

gestire le complessità dei valori umani, le credenze e le prospettive diverse dalle nostre». Jay non aveva paura di affrontarle: voleva scoprirle, toccarle, viverle. Per questo, spiega Rukmini Callimachi sul New York Times, un anno fa aveva fatto il grande passo: si era licenziato dal lavoro e insieme alla sua Lauren aveva pianificato nei dettagli l’avventura tanto sognata: «Sono stanco di passare le ore più belle della mia giornata davanti a un rettangolo luminoso e di colorare i migliori anni della mia vita con sfumature di grigio e di beige». Lui che da tempo viveva in una casa «minimal» di 13 metri quadri e dal lavoro preferiva ottenere più tempo libero che soldi, inseguiva «le albe, i temporali, le brezze gentili che mi sono perso in questi anni».

 

A spingerlo ci avrebbe pensato un potente carburante: l’amore. Quello più materiale per la bici, e uno più profondo per la ragazza che l’aveva stregato ai tempi dell’università e che sarebbe partita con lui. «Jay aveva cambiato la traiettoria della vita di Lauren», ammettono ora gli amici di lei. Accanto al fidanzato vegano era diventata vegetariana e si era fatta travolgere da quella passione a due ruote. Aveva cominciato ad andarci in ufficio, qualche gita fuori città, fino alla prova finale, un mese in sella tra le valli islandesi: sì, erano pronti per il grande salto. «C’è della magia là fuori, in questo grande e bellissimo mondo»: era così che lo vedeva Jay, l’uomo che Lauren descriveva alle amiche come «avventuroso, fuori dagli schemi, quello che mi mette in discussione per crescere».

 

Nella traversata del pianeta Terra erano cresciuti davvero, senza nascondere a chi li seguiva sui social le difficoltà di quell’esistenza itinerante: la pioggia battente, il caldo asfissiante, le gomme bucate, le cadute e le ustioni, la malaria di lui in Malawi, l’infezione all’orecchio di lei in Francia. E pure i (rari) incontri spiacevoli con chi aveva tentato di derubarli. Incidenti di un percorso fra 24 Paesi e tre continenti, dal Sudafrica allo Zambia, dalla Spagna alla Bulgaria, che aveva regalato loro un modo nuovo e bello d’intendere la vita: «Quando incontri gente come chi ci sta ospitando, ti viene voglia di ridare indietro qualcosa al mondo intero. Diventi qualcuno che vuole accogliere gli altri. Un mercante nell’economia del dono».

 

Il loro sogno è durato 369 giorni. Finché non sono finiti vittime del primo attacco dell’Isis in Tagikistan. Un gruppo di terroristi ha falciato Jay, Lauren e i cinque europei con cui

viaggiavano su una strada sterrata di Danghara. Così è finito il viaggio nel mondo di due sognatori.