SALMO 107(106)
Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre
- Estate con i Salmi (3) -


1 Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. 2 Lo dicano quelli che il Signore ha riscattato, che ha riscattato dalla mano dell’oppressore 3 e ha radunato da terre diverse, dall’oriente e dall’occidente, dal settentrione e dal mezzogiorno. […]
21 Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini. 22 Offrano a lui sacrifici di ringraziamento, narrino le sue opere con canti di gioia. 23 Altri, che scendevano in mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque, 24 videro le opere del Signore e le sue meraviglie nel mare profondo. 25 Egli parlò e scatenò un vento burrascoso, che fece alzare le onde: 26 salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; si sentivano venir meno nel pericolo. 27 Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi: tutta la loro abilità era svanita.
28 Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li fece uscire dalle loro angosce. 29 La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare. 30 Al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato. 31 Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini. 32 Lo esaltino nell’assemblea del popolo, lo lodino nell’adunanza degli anziani […].

Il salmo 107 (106) manifesta una composizione tematica logica. Un’introduzione, una descrizione di quattro situazioni-tipo nelle quali l’uomo si dibatte impotente e dalle quali solo Dio può liberarlo, un affresco generale in cui si mostra come Dio sappia cambiare condizioni che all’uomo sembrano impossibili, una breve conclusione. L’intero salmo è poi attraversato da due ritornelli, che legano le varie parti in un tutto compatto.
La battuta iniziale è un invito alla lode: «Alleluia. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre» (v.1). L’introduzione (vv. 2-3) descrive l’assemblea di coloro che sono direttamente invitati a lodare il Signore: tutti coloro che Dio ha riscattato e liberato dalle mani dei nemici e ha radunato da tutti i paesi. Lo sguardo si allarga ai quattro punti cardinali, ma i benefici del Signore (riscattati, liberati, radunati) sono per gli israeliti, liberati dalla schiavitù d’Egitto e dall’esilio babilonese e radunati dalla dispersione. Dunque un salmo che si chiude su Israele?

In realtà i due ritornelli, che ribadiscono il motivo fondamentale del salmo, allargano il suo orizzonte oltre le vicende di Israele.

Il primo (vv. 6.13.19.28) ricorda l’angoscia dell’uomo e la liberazione di Dio: «Nell’angustia gridarono al Signore ed egli li liberò dalle loro angosce.». Si potrebbe tradurre più efficacemente: «Ed egli dalle strette li ha fatti uscire». Non si parla qui di situazioni angosciose specifiche, come l’esodo, l’esilio o la dispersione, ma di angosce in generale, di condizioni che chiudono l’uomo in spazi stretti che lo fanno soffocare.
Il secondo ritornello (vv. 8.15.21.31:”Ringrazino il Signore per il suo amore, per le sue meraviglie a favore degli uomini) invita a ringraziare il Signore ricordando che i suoi prodigi sono a favore degli uomini. Non del solo Israele, ma dei «figli dell’uomo». La prospettiva del salmo non è dunque priva di una dimensione universale.

La conclusione del salmo è di tenore sapienziale. Le realtà raccontate dal salmista devono essere osservate (meglio tradurre «custodite») e comprese. Solo così si è sapienti. Le cose di Dio si comprendono dall’interno, non vanno ascoltate dall’esterno. Si comprendono se custodite e osservate.

Il salmista ha invitato i «riscattati» a celebrare la misericordia del Signore (vv. 1-2). Il verbo riscattare  merita molta attenzione. La sua origine va cercata nell’ambito del diritto familiare. Ma poi il verbo si è dilatato sino ad abbracciare anche l’ambito sociale. Significa sempre liberare qualcuno da una situazione di schiavitù, di debito, di necessità: tutte situazioni dalle quali chi vi è caduto è incapace di sollevarsi da solo. Il riscatto suppone dunque una situazione di impotenza e, al tempo stesso, un legame di parentela e di solidarietà. Un esempio: «Se un tuo fratello si trova in difficoltà e vende una parte dei suoi possedimenti, venga il suo parente più prossimo a esercitare il diritto di riscatto su quanto vende il suo fratello» (Lv 25, 25) L’anima profonda del riscatto non è che il debito debba essere pagato, così che giustizia sia fatta, costi quello che costi: se non puoi pagare tu, lo faccia il tuo parente più prossimo! L’anima del riscatto è invece la solidarietà, che non tollera di abbandonare un fratello nella sua impotenza.

Il verbo riscattare si applica anche a Dio, solidale con il suo popolo come lo è un parente. Solo con il suo popolo? Naturalmente il riscatto di Dio ha delle caratteristiche proprie. Dio non paga il debito a nessuna controparte. La sua liberazione è gratuita, senza prezzo. E Dio neppure riscatta l’uomo per qualche suo personale vantaggio. Dio interviene soltanto per amore. Riscattando dalla schiavitù, dal peccato e dall’emarginazione, in una parola dall’impotenza, Dio si riprende ciò che è già suo: suo è il popolo e sua è ogni persona. L’appartenenza a Dio è senza confini. Anche il verbo riscattare non restringe dunque l’orizzonte, ma lo allarga. Il cristiano legge con piacere - ma in fondo senza troppe sorprese - l’affermazione di Gesù: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua esistenza in riscatto per le moltitudini» (Mc 10,45).

Dei quattro quadri tracciati nel corpo del salmo (4-9: le carovane nel deserto; 10-15: i prigionieri; 17-22 i malati; 23-31: i naufraghi) i soffermiamo sull’ultimo quadro (vv. 23-31) che descrive un gruppo di marinai che con grandi navi solcano il mare per i loro commerci. Il mare offre loro panorami affascinanti. Ma poi la tempesta li fa barcollare come ubriachi, e tutta la loro perizia svanisce. Solo il Signore può calmare la tempesta e riportarli al porto sospirato.

Si noti come tutte e quattro le situazioni descritte sottolineano l’impotenza dell’uomo. In simili situazioni si può soltanto «gridare» al Signore. L’uomo deve riconoscere la propria impotenza e affidarsi a Dio. Come sempre, la potenza di Dio si manifesta soprattutto nei confronti dei più umili. L’arroganza dell’uomo porta al nulla. La debolezza che a Dio si affida è il luogo dove si manifesta la sua potenza. Per raddrizzare le deviazioni e le strade cieche degli uomini e della storia, Dio non ha bisogno delle nostre ricchezze. Dio costruisce anche sul nulla. Una condanna, dunque, dell’orgoglio dell’uomo, che spesso presume di sé e delle sue possibilità, lanciandosi in avventure pericolose dalle quali non sa più come uscire.

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PREGHIAMO
La tua mano potente, Dio nostro, fa esplodere di vita anche il deserto: ricordati della tua fedeltà verso il popolo e donagli ancora la presenza del tuo Spirito perché sia salvo da tutti gli orgogli: la luce della speranza squarci le tenebre e fiorisca il canto per la continua liberazione. Amen.



Dalla lettera ai Romani: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,2)