per nutrire la fede …


SALMO 30 (29)
“LA TUA COLLERA DURA UN ISTANTE”
- Estate con i Salmi (5) -


2) Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato, non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
3) Signore, mio Dio, a te ho gridato e mi hai guarito.
4) Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

5) Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, della sua santità celebrate il ricordo, 6) perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita. Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia.
7) Ho detto, nella mia sicurezza: «Mai potrò vacillare!».
8) Nella tua bontà, o Signore, mi avevi posto sul mio monte sicuro; il tuo volto hai nascosto e lo spavento mi ha preso.

9) A te grido, Signore, al Signore chiedo pietà: 10) «Quale guadagno dalla mia morte, dalla mia discesa nella fossa? Potrà ringraziarti la polvere e proclamare la tua fedeltà?

11) Ascolta, Signore, abbi pietà di me, Signore, vieni in mio aiuto!».
12) Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l’abito di sacco, mi hai rivestito di gioia, 13) perché ti canti il mio cuore, senza tacere; Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Chi ha composto il salmo 30 (29) è un uomo che ha corso un grave pericolo di morte, ma ne è uscito vivo e sano. E ora intende raccontare la sua esperienza nell’assemblea dei fedeli. Vuole raccontarla perché tutti si uniscano al suo ringraziamento. Ma soprattutto perché nell’esperienza che ha vissuto ha imparato due cose che valgono per tutti.

La prima: “La collera di Dio dura un istante, la sua bontà per tutta la vita” (v. 6). In proposito nel libro di Isaia si leggono parole ancora più belle: “Dice il tuo Dio: per un breve istante ti ho abbandonato, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te” (54,6-7). Dio non distrugge, ma corregge, e anche il suo castigo - la Bibbia non ha paura a parlare di «collera» - nasce dall’amore.

La seconda cosa è forse ancora più importante: nel tempo della salute e del benessere il salmista si credeva potente, nel momento della malattia e del pericolo ha ritrovato la sua fragilità. “Nella mia prosperità ho detto: nulla mi farà vacillare! ... Ma quando hai nascosto il tuo volto io sono stato turbato” (vv. 7-8). Parole verissime.

Nel momento del benessere l’uomo si illude di essere indistruttibile, perde le misure, non vede più il mondo e gli altri nella giusta luce.

Nel tempo della fragilità, invece, l’uomo ritrova la sua verità: comprende che le relazioni valgono più delle cose, l’amore più dell’egoismo, la ricerca di Dio più di ogni altra ricerca. Capire la propria fragilità è una grande grazia che il Signore ci fa.

Nel salmo si leggono parole - come anche in altri salmi che possono sorprendere il credente che oggi le recita: “Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba? Ti potrà forse lodare la polvere e proclamare la tua fedeltà?” (v. 10). Sono parole che il salmista rivolge a Dio, presentandogli una ragione in più, una ragione impellente, perché lo salvi. Il salmista non conosce con chiarezza l’esistenza di una vita con il Signore dopo la morte. Per lui la vita è questa, il tempo per lodare il Signore è questo, soltanto questo: perché far scendere negli inferi un uomo che poi non può più lodare il Signore?

Il credente che vive la speranza nella risurrezione non reciterà queste parole con il medesimo significato che vi attribuiva il salmista. Tuttavia sono parole che hanno ancora un grande valore: lodare il Signore è il senso della vita, di questa vita, non soltanto dell’altra. E per lodare il Signore da uomini, viandanti - uomini che conoscono la gioia ma anche la tribolazione, la fede ma anche il dubbio - per lodare il Signore in questo mondo non c’è altro spazio che questa vita. Nel regno di Dio loderemo il Signore, ma in altro modo.


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“La preghiera è un grido che si leva verso il Signore; ma se questo grido consiste solo in un esercizio vocale senza che il cuore di chi prega aneli intensamente a Dio, non c’è dubbio che è fiato sprecato. Se invece si grida con il cuore, per quanto la voce del corpo resti in silenzio, il grido,  impercettibile all’uomo, non sfuggirà a Dio” (Sant’Agostino).



PREGHIAMO [di David Maria Turoldo]

Signore, se tristezza ci reca la sera
perché un altro giorno muore
ed è grazia grande
se abbiamo sbagliato di meno,
se meno di ieri abbiamo peccato;
gioia ancora più grande ci ridoni il sorgere del sole
perché siamo ancora vivi,
perché abbiamo superato la notte,
perché possiamo operare e fare giustizia;
nella fiducia di non tradirti più,
e finalmente godere del tuo riposo
alla fine dei giorni.
Amen