IL  CAMMINO DELLA MISSIONE NEGLI ATTI

Nel libro degli Atti Luca si mostra narratore piacevole e vivace. I suoi racconti si leggono con gusto. Non richiedono commenti dettagliati ed eruditi, che spesso mortificano il piacere della lettura, soffocandolo. Per scorgere la densità teologica e le preoccupazioni ecclesiali che stanno dietro l’apparente ingenuità della narrazione, possono bastare poche osservazioni.

Il cammino della comunità cristiana verso l’universalità avviene per tappe. La prima è la missione in Samaria, come si racconta nel capitolo 8 degli Atti. Per la prima volta si esce veramente dai confini territoriali e culturali della Giudea, e si porta il Vangelo a gente ritenuta esclusa e diversa, i samaritani appunto, che i giudei disprezzavano e consideravano alla stregua dei pagani. L’inimicizia fra i giudei e i samaritani era profonda e proverbiale. Le sue radici erano razziali e religiose. Le divisioni più profonde e ostinate nascono quasi sempre da queste due radici. Ma la Parola di Dio non si scoraggia neppure di fronte alle contrapposizioni più ostinate. Il Vangelo non ha confini e supera d’un balzo le divisioni, fatto come è per i bisogni profondi di ogni uomo, a qualsiasi razza o religione appartenga. E là dove si pensa di trovare ostilità e opposizione, incapacità a comprendere, non raramente si trovano invece disponibilità e accoglienza, come appunto avvenne in Samaria: “Le folle prestavano ascolto attentamente alle parole di Filippo... e fu grande gioia in quella città” (At 8,6-8). L’azione di Dio non opera discriminazioni: gli stessi miracoli compiuti da Gesù in Galilea, sono ora compiuti da Filippo in Samaria: “Da molti indemoniati uscirono spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati” (At 8,7).

Protagonista di questa tappa decisiva del cammino missionario della Chiesa è Filippo, che nel libro degli Atti compare tre volte. È uno dei sette diaconi che Luca definisce “uomini di buona reputazione, pieni di Spirito Santo e saggezza” (At 6,5). Poi il diacono Filippo è presentato come il primo missionario dei samaritani. Da ultimo lo ritroviamo a Cesarea dove ospita Paolo di passaggio e dove svolge il suo lavoro di evangelista aiutato dalle quattro figlie che avevano il dono della profezia (21,8). Raccontando la missione di Filippo in Samaria, Luca intende anzitutto evidenziare che la Chiesa sta fedelmente camminando sulla strada tracciata dallo stesso Gesù: “Sarete miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Il Signore ha indicato alla sua Chiesa un cammino, non una città in cui sistemarsi stabilmente. Della missione di Filippo in Samaria Luca ricorda soprattutto due episodi. Il primo sottolinea la piena comunione di Filippo con il gruppo apostolico e con la Chiesa madre di Gerusalemme. Filippo è un uomo di Chiesa. I veri missionari non sono mai dei navigatori solitari. Sentendosi responsabile delle nuove comunità che sorgono in Samaria, la Chiesa di Gerusalemme invia Pietro e Giovanni a completare l’opera di Filippo: “Ponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo” (At 8,17). Da un lato, occorre l’intervento di Pietro e Giovanni perché la missione sia veramente completata (sono loro, infatti, che danno lo Spirito); dall’altro, proprio intervenendo e dando lo Spirito i due apostoli mostrano di condividere pienamente la novità missionaria introdotta da Filippo.

Il capitolo 8 degli Atti racconta poi un secondo episodio, la storia, apparentemente solo curiosa ma in realtà ricca di significato teologico per la missione, di Simone il mago. Leggiamo il testo di Atti: “Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la magia e faceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un grande personaggio. A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano: «Costui è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande». Gli prestavano attenzione, perché per molto tempo li aveva stupiti con le sue magie. Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche lo stesso Simone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a Filippo. Rimaneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli rispose: «Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio! Non hai nulla da spartire né da guadagnare in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Convèrtiti dunque da questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonata l’intenzione del tuo cuore. Ti vedo infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci dell’iniquità». Rispose allora Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto». Essi poi, dopo aver testimoniato e annunciato la parola del Signore, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi dei Samaritani” (At 8,9-25). Questo strano personaggio, che mandava in visibilio tutta la Samaria con i prodigi delle sue arti magiche, è “fuori di sé nel vedere i segni grandi e i prodigi che avvenivano” (At 8,13). E così si converte: “Fu battezzato e non si staccava più da Filippo”. Ma la sua conversione è a metà. Egli cerca i prodigi più che la Parola che rinnova. E questa non è vera conversione né vera fede. Addirittura Simone pensa di potere acquistare con denaro il potere di donare, a sua volta, lo Spirito. Uno stravolgimento più radicale dell’evento cristiano non è pensabile, e Luca lo sottolinea riportando le durissime parole di Pietro: “Il tuo denaro vada con te in perdizione, perché hai pensato di acquistare con denaro il dono di Dio” (At 8,30). Lo Spirito è un dono della libera e gratuita iniziativa di Dio, in nessun modo legato a tecniche o a magie o a denaro. Si noti il modo diverso di esprimersi di Simone il mago e di Pietro. Il primo parla di “potere”, il secondo parla di “dono”. La differenza fra le due concezioni è veramente radicale.