“QUELLO SGUARDO NUOVO …”
Il “CANTICO DI FRATE SOLE” di frate Francesco


Per comprendere la portata antropologica, sociale e cosmica del Cantico di frate Sole di san Francesco d'Assisi occorre tenere presenti alcuni elementi del contesto in cui è stato scritto. A prima vista potrebbe essere compreso come un cantico spensierato di una persona serena e tranquilla.

In realtà il Santo di Assisi scrive questo testo ormai sul finire della sua vita in una condizione drammatica. La situazione dell'Ordine da lui nato era assai problematica, essendosi la primitiva fraternitas allargata oltre ogni sua previsione e iniziavano processi di forte istituzionalizzazione. Francesco scrive questo Cantico dopo aver ricevuto il dono delle stimmate, che lo avevano reso simile a Cristo, anche nella carne. Infine l'Assisiate era ormai afflitto da numerose e dolorose malattie invalidanti, tra cui quella di una crescente cecità, che gli rendeva insopportabile la vista della luce. Come è possibile che in tali condizioni abbia potuto scrivere un Cantico che contiene, a mio parere, la più formidabile affermazione della positività del reale?

Questo evidente contrasto tra la sua condizione personale e le lodi rivolte al Signore che vengono da lui scritte ha la sua risoluzione proprio nel cammino che frate Francesco ha compiuto lungo tutta la sua vita. Egli era partito in gioventù ricercando la realizzazione della propria vita nell'ideale cavalleresco; attirato dalla bellezza delle cose, rifiutava con angoscia la vista e il contatto con la deformità, come nel caso dei lebbrosi, sentendoli come “cosa amara”. Il figlio di Pietro Bernardone aveva una chiara percezione del carattere transitorio della vita e temeva tutto ciò che potesse evocare a lui la fine. Ciò era dovuto, riconoscerà egli stesso nel suo Testamento, al suo “essere nei peccati”. Ma il Signore stesso lo condusse tra i lebbrosi e con essi usò misericordia, cosi da trasformare in sé l'amarezza in ”dolcezza di anima e di corpo”; imparò in tal modo a riconoscere il proprio male, il suo bisogno di salvezza, accettando la ferita di cui la realtà è portatrice.

L’amore per il Crocifisso e la sequela radicale di lui, fino alle stigmate, lo porterà ad acquistare un nuovo sguardo su tutta la realtà, riconoscendo il bene di tutte le cose che Dio ha creato. Unito a Cristo, nel quale ogni cosa è stata creata, Francesco scopre che la realtà è positiva, nella sua concretezza, persino nel suo limite, poiché la realtà è “creatura”, è segno dell'Altissimo. Diventato una cosa sola con Cristo redentore, il Santo di Assisi coglie l’opera del Padre Creatore. Non si deve pertanto considerare questo Cantico come una generica esaltazione della natura; piuttosto esprime il dramma della sua vita che lo ha portato a scoprire in Gesù crocifisso e risorto il senso positivo e il destino buono di tutta la realtà. Il fuoco, la luna e le stelle, l'acqua e il vento, la madre terra sono simbolo del mistero divino che tiene in vita tutte le cose.(...)

Vivere tutto come dono dell'Infinito: è questo ciò che Francesco ha imparato nel suo percorso. Da qui sorge la sua profonda familiarità con tutte le creature.

Il carattere fortemente cristiano del Cantico si esprime poi in particolare nelle strofe dedicate alla lode per chi sopporta la tribolazione, con evidente riferimento alla sua condizione di malattia: egli loda il Signore per coloro che sostengono “infirmitate e tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati”, come anche il riferimento alla lode di Dio per gli operatori di pace e di riconciliazione nella società: “Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore”. Infine Iddio viene lodato persino per la morte, che viene chiamata “sorella”; non certo perché la vita sia cosa negativa, ma perché è passaggio alla vita eterna, al gaudio eterno, di cui la vita umana terrena è desiderio e misterioso segno. “Il dolore, la sofferenza, la morte stessa rientrano in una dimensione d'amore, quando le si collochi in questa sfera diversa, quella che per Cristo è entrata nel mondo. Perciò la morte, per chi è sul piano del bene, si rivela sorella” (Raul Manselli).

Quanto mai attuale e la posizione umana che Francesco d'Assisi ci insegna con il Cantico di frate Sole: in un tempo di nichilismo che riduce il reale a mera materia da manipolare, egli afferma la dignità di ogni cosa creata come segno/simbolo dell’infinito mistero divino; in un'epoca in cui occorre essere sempre all'altezza della migliore prestazione, si loda chi vive con serenità e letizia l'infermità; in un tempo inediti come il nostro, Francesco loda Dio per chi costruisce ponti di pace; in un epoca di deliri di onnipotenza che occultano la finitezza, Francesco chiama la morte “sorella” perché porta alla vita vera in Dio: “beati quelli ke troverà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male”.




CANTICO DELLE CREATURE (FF 263)

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
et nullu homo ène dignu Te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo quale è iorno et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke troverà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate e benedicete mi' Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.