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Vita: offerta d’amore a Dio

Non sempre noi siamo veramente consapevoli dei doni che il Signore ci fa e ci pone nelle mani perché li usiamo a sua gloria e per la nostra salvezza.

Il dono più grande è certamente quello della vita che và, però, vissuta a imitazione di Cristo. Egli ha offerto la sua vita per noi, ce ne ha fatto partecipi con il dono dell’Eucarestia e chiede anche a noi di accogliere il suo invito di unire l’offerta della nostra vita, presentandola al Padre.

Questo dinamismo d’amore ci è stato donato nel Battesimo che ci ha fatti “sacerdoti” in Cristo.

Per questo noi scopriamo nella esistenza di ogni santo la spinta a donare la propria a Dio in un continuo atto di offerta che ne santifica ogni gesto.

Ascoltiamo e meditiamo le parole dei nostri santi francescani e prendiamole come guida ed esempio.

Negli scritti delle Fonti francescane leggiamo:

F.F. 681 – “Francesco, uomo di Dio, cercava di raggiungere con lo spirito il cielo…la sua anima era assetata di Cristo e a Lui si offriva interamente nel corpo e nello spirito.”

F.F. 1167 – “Nient’altro possedeva il povero di Cristo, se non due spiccioli da poter elargire con liberale carità: il corpo e l’anima. Ma corpo e anima per amore di Cristo li offriva continuamente a Dio, poiché quasi ogni istante immolava il corpo col digiuno e l’anima con la fiamma del desiderio.”

Anche Chiara nella sua lettera alla sorella Agnese di Praga la prega:

F.F.2897 – “affinché vivendola sua vita a lode del Signore, tu renda al Signore un culto spirituale e il tuo sacrificio sia sempre condito col sale della prudenza.”

Nei nostri giorni, infine, guardiamo con amore a padre Daniele da Somarate che aveva fatto della sua vita un’offerta a Dio, giungendo ad innalzargli il suo canto di lode “A Deus louvado” (Dio sia ringraziato) anche nell’avanzare impetuoso della sua malattia. Questo gli è stato possibile perché ha sempre sentito forte e trasformante l’amore di Dio in sé come scrive nella sua “Credo-Preghiera”:

Io sono figlio di Dio: Dio abita in me

posso diventare tutto quello che desidero perché Dio è il mio aiuto

mai mi stanco perchè Dio è la mia forza

mai sono ammalato o addolorato perché Dio è la mia salute

niente mi manca perché Dio è il mio fornitore

proprio perché figlio di Dio sono sempre unito alla Presenza di mio Padre

io sono contento e felice in tutto quello che incomincio a fare

perché aumenta sempre più il mio sapere nelle cose di Dio”.

Il Signore dia anche a noi di recitare ogni giorno questo credo d’amore con la forza che hanno infiammato padre Daniele. 

 

Il sacerdozio comune dei battezzati

L’offerta quotidiana della giornata è un atto sacerdotale e prenderne coscienza dà gioia.

I due testi fondamentali che ci introducono in questa verità sono la Prima lettera di Pietro e la lettera agli Ebrei.


Prima lettera di Pietro

Pietro nel cap. 2 della sua lettera dice che si vive dando a Dio offerte.

Questo testo è diviso in due parti:

condizioni previe per esercitare il sacerdozio modalità in cui si esercita il sacerdozio.

Vi sono tre condizioni perché la nostra offerta sia valida:

non essere complici di nessun male, allontanare ogni malignità, ogni cattiva disposizione di coscienza / desiderare il genuino latte spirituale, perché l’offerta quotidiana ha bisognosi essere alimentata dalla parola di Dio( latte ) / aver fatto esperienza di una relazione personale con il Signore, una relazione di amore riconoscente perché l’offerta deve essere sempre un rendimento di grazie.

Pietro usa l’aggettivo “vivo”: riferito a Cristo risorto, che è sempre il vivente, ci indica come il contatto con Cristo fa diventare anche noi “pietre viventi” perché la Resurrezione non è solo una glorificazione individuale del Cristo, ma è l’origine di quel dinamismo con cui Cristo comunica a tutti noi la sua “vita nuova”, facendo di noi quella casa spirituale, quel tempio che né Davide, né Salomone hanno saputo edificare, quella casa di Dio, cioè, che deve ospitare il nostro servizio sacerdotale.

Poi Pietro precisa l’atto del sacerdozio come “sacrifici spirituali graditi a Dio”. Quindi sotto lo Spirito Santo e perciò ricchi di amore perché santificati dallo Spirito.

Il vero senso della nostra offerta quotidiana è quindi un

offrire i nostri corpi a Dio

a servizio del suo amore nel mondo

Solo lo Spirito Santo, lo Spirito Santificatore, fa passare la nostra offerta in una trasformazione santificante che fa salire fino a Dio, come il fuoco degli antichi sacrifici trasformava in fumo le offerte perché salissero al cielo.

L’aspetto essenziale di questi sacrifici non è, però, la sofferenza, ma è l’amore comunicato dallo Spirito Santocce può far vivere anche la sofferenza nell’amore perché ci rende più uniti a Cristo nella dimensione della sua docilità alla volontà del Padre e alla comunione coi fratelli.

Per Pietro, però, perché i sacrifici dei cristiani sono sacrifici non metaforici ma esistenziali, è necessaria la loro unione al sacrificio esistenziale di Cristo, cioè la partecipazione all’Eucarestia che ci ottiene

una trasformazione della nostra vita

per mezzo dell’amore

Ecco perché il nostro sacerdozio ha bisogno del sacerdozio ministeriale che rinnova nella s. Messa l’azione santificatrice di Cristo perché possa essere continuamente ridonata e accolta dai cristiani.

Lettera agli Ebrei

La lettera agli Ebrei non attribuisce mai ai cristiani il titolo di sacerdoti, né parla di sacerdozio comune, però dice che siamo partecipi di Cristo, del suo sacerdozio. Questo sacerdozio non si inserisce nella storia come un prolungamento di quello levitino, anzi è talmente nuovo da non sembrare nemmeno un sacerdozio, per cui i Vangeli e gli Apostoli non riferiscono mai questo titolo a Cristo. Il suo sacerdozio è così radicalmente nuovo che è stato necessario cercare significati nuovi per vocaboli antichi. Infatti mentre il sacerdozio offriva un culto accanto alla vita, quello di Cristo inserisce il culto della vita e quella santificazione che prima si cercava attraverso riti di separazione, ora Cristo ce la ottiene attraverso un dinamismo di amore perfetto che permette la nostra partecipazione al suo stesso sacerdozio.

Prima si viveva la separazione tra:

popolo di Israele / gli altri popoli

le dodici tribù / la tribù di Levi

la tribù di Levi / la persona del sommo Sacerdote

il sommo Sacerdote / la vittima

la vittima animale / Dio.

Cristo ha abolito ogni separazione tra fedeli e pagani “abbattendo il muro che divideva” (Ef. 2, 14) e ha ottenuto a tutti “la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in Lui” (Ef. 3, 12).

Questo termine “libertà” esprime il diritto di parola e accesso che ora ogni cristiano ha, un diritto sacerdotale superiore anche a quello del sommo sacerdote, perché non limitato al solo giorno dello Yom Kippur.

Infine, Cristo ha eliminato la separazione tra vittima e sacerdote offrendo se stesso a Dio, e tra Dio e la vittima animale dell’A.T., che non permetteva alcuna comunicazione, portando davanti a Dio se stesso, uomo e figlio di Dio.

Cristo ha anche reso possibile la piena comunicazione con Dio e ci ha aperto la via che è Lui stesso, perché è giunto fino a Dio attraverso la sua passione, morte e resurrezione. Questa via è vivente, perché Cristo non muore più, è una via nuova, che cancella l’affermazione del Coelet: “non c’è niente di nuovo sotto il sole” (1, 9) perché per i cristiani c’è la novità di Cristo: attraverso la nostra partecipazione al suo sacerdozio, con il nostro sacerdozio comune, siamo attirati in quel dinamismo d’amore che ci consente, se lo accogliamo, di

Inventare con Dio un futuro che Lui ci dona

Inventare con Dio un mondo sempre più bello.

Questa via nuova è anche la persona nuova, Cristo nuovo sacerdote da cui dobbiamo lasciarci guidare, in unione al suo cuore sacerdotale, avendo Lui come mediatore sempre presente nella nostra vita.

Questa certezza spinge l’autore della lettera agli Ebrei a invitarci con entusiasmo ad accogliere e vivere questo dono, questa opportunità (Eb. 10,13.24”)

“accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede”

“manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza”

“prestiamo attenzione gli uni gli altri per stimolarci a vicenda nella carità”

Le virtù teologali, che parlano del rapporto diretto con Dio, sono i mezzi che ci incoraggiano, ci spingono a offerte sacerdotali che sono atti di amore, perché l’offerta sacerdotale di Cristo è stata un estremo atto di amore. Ma come tutti i sacrifici di lode della Bibbia, anche la nostra offerta quotidiana deve essere basata sul ringraziamento che nasce della contemplazione amorosa e stupita del dono che Cristo ci fa attraverso il nostro sacerdozio comune:

una realtà meravigliosa

una realtà esistenziale

un entrare nel tempio per rendere grazie e compiere atti d’amore

                        attraverso Cristo in comunione con la Chiesa.